Pubblicato originariamente su Il Colophon il 10 dicembre 2017.


Questo romanzo semi-autobiografico, pubblicato nel 1949, racconta di una società segreta e parallela, fatta di furti, povertà e sotterfugi. “Oggi che, dopo aver vinto a viva forza, ho firmato con voi una tregua apparente, mi ci trovo in esilio. Non voglio sapere se è per espiare qualche delitto a me ignoto che desidero il bagno penale, ma ne ho così grande nostalgia che mi ci dovranno pur condurre. Ho la certezza che soltanto là potrò continuare una vita che fu stroncata sul nascere”.
Il protagonista del romanzo è un ladro di circa trentacinque anni, uscito dalla miseria in cui ha passato i primi anni della sua vita adulta. Con questa porzione della propria esistenza Jean fa i conti, utilizzando la forma narrativa del diario, fino a realizzare la portata della propria alterità sia dalla società “normale”, sia dal mondo sotterraneo. L’essere omosessuale, ladro (ma il furto è talmente ritualizzato da essere quasi una preghiera) e innamorato pone il protagonista in una continua definizione per sottrazione: non gli è possibile dichiarare chi sia, solo ciò che non è. Muovendosi in un mondo nascosto, a esso sfugge comunque perché le regole che Jean si autoimpone sono diverse da quelle dei suoi simili. Pur essendo ladro, non è sempre disposto a rubare. Pur essendo innamorato, è pronto a tradire l’oggetto del proprio amore. Pur essendo omosessuale, si rifiuta di nascondersi.
Fanno da guida nei meandri del ricordo, gli amanti del protagonista. Ognuno di loro diventa portatore di un valore che diventa identitario per Jean: l’amore umiliante e autodistruttivo di Salvador; la forza bruta di Stilitano, nonostante la mano mozzata; la scaltrezza delicata di Armand; la leggerezza di Michaelis; il mistero di Java; l’idealizzazione del furto di Guy; l’arrendevolezza di Lucien. Con ognuno di questi uomini, il Jean-narratore si scontra, ci lotta. Una battaglia in punta di penna: da una parte vorrebbe renderli interessanti, dall’altra non li vuole idealizzare per il lettore. L’idealizzazione è già negli occhi del protagonista: “se volevo che fossero belli, poliziotti e teppisti, è perché i loro corpi stupendi si vendicassero del disprezzo in cui voi li tenete. Muscoli sodi, un viso armonioso dovevano cantare e glorificare le immonde funzioni dei miei amici, imporvele. […] Poiché la rettitudine è dalla vostra parte, non volevo più saperne, anche se ne riconoscevo spesso il richiamo nostalgico. Dovevo lottare contro le sue seduzioni. Poliziotti e criminali sono l’emanazione più virile di questo mondo. La si ricopre di un velo. Essa rappresenta le vostre parti vergognose che, come voi, tuttavia, chiamo le parti nobili”.
Apolide (francese, ma il romanzo si apre in Spagna), il narratore si muove tra i vari stati d’Europa come se non ci fossero confini. Lo seguiamo in Olanda, Italia, Germania, Austria, Cecoslovacchia e, di nuovo in Francia (in cui non torna per necessità, ma per “un bisogno di approfondimento”). Proprio in terra francese il Jean-narratore si accorge della potenza del linguaggio: “decisi di tornare in Francia e di condurvi […] un destino di ladro. […] Le ragioni della mia scelta, il cui senso mi si rivela oggi forse soltanto perché devo scriverlo, non mi apparvero con chiarezza. Credo che avessi bisogno di scavare, di forare una massa di linguaggio in cui il mio pensiero si trovasse a proprio agio. Forse volevo accusarmi nella mia lingua”. Distante da ciò che lo circonda, come dalla società normalizzata a cui ruba, il protagonista di questo romanzo è dolorosamente attaccato a tutto ciò che può essere considerato linguaggio: gesti, rituali, nomi, sorrisi, fremiti, sguardi. Tutto per lui è senso, tutto viene passato al microscopio e reso sia significante che significato, tutto è contenuto e forma. Nulla è casuale, nulla è dimenticato, nulla — di fondo — è importante.
Pur essendo piuttosto lirico, questo romanzo consegna un ritratto feroce del mondo sotterraneo in cui Jean Genet si muove, idealizzato proprio perché turpe, candido proprio perché lercio, onesto proprio perché basato sulla menzogna.


Immagine di copertina: Joy VanBuhler287/365 – Magazines – Flickr CC BY NC ND