Pubblicato originariamente su Il Colophon il 10 dicembre 2017.
Cos’è “neve”? In questo delizioso romanzo, la risposta varia a seconda di a chi viene rivolta la domanda.
“La neve possiede cinque caratteristiche principali.
È bianca.
Congela la natura e la protegge.
Si trasforma continuamente.
È sdrucciolevole.
Si muta in acqua.
Quando ne parlò al padre, questi vi trovò solo aspetti negativi, come se la strana passione del figlio per la neve gli rendesse l’inverno ancora più ostile.
« È bianca; pertanto è invisibile e non merita di essere.
Congela la natura e la protegge; la superba, chi si crede d’essere per pretendere di rendere statua il mondo?
Si trasforma continuamente, pertanto è infida.
È sdrucciolevole; chi mai può provare piacere a cadere sulla neve?
Si muta in acqua; lo fa per meglio inondarci durante il disgelo.»
Yuko, invece, nella sua compagna vedeva cinque caratteristiche diverse, che appagavano il suo talento artistico.
« È bianca. Dunque è una poesia. Una poesia di grande purezza.
Congela la natura e la protegge. Dunque è una vernice. La più delicata vernice dell’inverno.
Si trasforma continuamente. Dunque è una calligrafia. Ci sono diecimila modi per scrivere la parola neve.
È sdrucciolevole. Dunque è una danza. Sulla neve ogni uomo può credersi funambolo.
Si muta in acqua. Dunque è una musica. In primavera trasforma fiumi e torrenti in sinfonie di note bianche.»
« Per te è dunque tutto questo?» chiese il monaco.
« E ben altro ancora.»
Quella notte il padre di Yuko Akita capì che l’haiku non sarebbe bastato per riempire con la bellezza della neve gli occhi del figlio”.
Yuko Akita è il nostro protagonista: diciassette anni, poeta, innamorato della neve. Il padre, monaco come molti altri maschi della famiglia Akita, è disgustato dalla scelta del figlio: scrivere haiku è un passatempo, non un lavoro. Ma Yuko non demorde, si dedica con passione alla neve (e alla poesia) fino ad essere notato dal poeta di corte dell’imperatore che lo invita a proseguire la sua formazione a fianco del vecchio maestro Soseki, anch’esso innamorato della neve, ma di una neve diversa.
“Veniva da Parigi, in Francia. Si chiamava Neve. L’avevano soprannominata così perché aveva la pelle bianchissima, gli occhi di ghiaccio e i capelli d’oro. E anche perché quando guizzava nell’aria pareva leggera come un fiocco di neve”.
Sia neve che Neve esprimono l’inafferrabile e il rapporto che i protagonisti hanno con lei descrive, in pochissime parole, i vari atteggiamenti che si possono avere di fronte all’indicibile, al punto cieco del nostro sguardo. Fermine ci trascina in un Giappone sospeso nel tempo, perché il tempo non è importante. Ci trascina in una stagione sospesa (la neve cade solo d’inverno), perché ciò che conta non è quando siamo, ma come ci rapportiamo al quando. Ci trascina in un momento sospeso della vita di Yuko (che ha quell’età divisa tra adolescenza e fase adulta), perché abbiamo la necessità di esplorare le possibilità, sia che si compiano, sia che sfumino.
Detto ciò, Neve non racconta di sognatori. Se la fascinazione di Yuko per la neve è dovuta a un caso, il suo rapporto con essa non lo è per nulla. Yuko osserva, impara, perfeziona la propria professione, si esercita (si turba moltissimo quando le sue poesie vengono viste prima che lui le ritenga pronte). Così come per Soseki, l’incontro con Neve è casuale, ma non quello che ne consegue: una relazione paritaria e di lunghissimo corso. Fermine è maestro del linguaggio, ma la sua prosa lieve e delicata non deve trarci in inganno: in questo romanzo non c’è posto per i sognatori, la neve richiede un impegno totale, la poesia una dedizione annichilente, l’amore una sofferenza estrema.
Bompiani ha pubblicato questo volume nella collana AsSaggi di narrativa, ma benché corto, non è un assaggio di narrativa: è un’opera essenziale e densa, splendente e complessa, limpida e cesellata. Ricorda la (buona) poesia, in cui ogni carattere è fondamentale. Cosa sarebbe Soldati di Ungaretti con una parola in più, con un carattere in più? Probabilmente un fallimento. Così come questo romanzo in cui ogni parola è ferocemente necessaria. Così come ogni singolo fiocco di neve esprime un’essenza inesprimibile, ma a cui è doveroso guardare.
Immagine di copertina: Joy VanBuhler – 287/365 – Magazines – Flickr CC BY NC ND
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