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CHE RUOLO C’È PER GLI SCRITTORI NEL XXI SECOLO?

Pubblicato originariamente su Il Colophon il 9 giugno 2018.


Una riflessione su cosa significa scrivere oggi, a partire dalla produzione di Arundhati Roy di Erika Marconato

Scena: interno. Due poltrone marroni, una di fronte all’altra.
Intervistatore: “Come si sente all’uscita del suo nuovo romanzo? Non scrive da vent’anni…”
La frase resta in sospeso, mentre negli occhi dell’autrice passa un guizzo. Le si forma un sorriso di cortesia agli angoli delle labbra.
Roy: “Non capisco il perché di quest’affermazione. Negli ultimi due decenni ho scritto saggi, articoli e interviste sui temi che sentivo più urgenti”.
Sipario. Fine.
Perché nel 2017 è stato pubblicato dai tipi di Guanda Il ministero della suprema felicità, il secondo romanzo di Arundhati Roy. In Italia, come nel resto del mondo, questa è stata l’uscita letteraria dell’anno: tutti aspettavano da più di vent’anni che Roy decidesse di dare alle stampe un suo romanzo. E molti hanno reagito come il suddetto intervistatore: perché ci ha fatto aspettare tanto? Il suo lavoro non è fare la scrittrice? Perché non ci ha dato prima un altro romanzo da leggere?

IL RAGAZZO GIUSTO di Vikram Seth, TEA

Pubblicato originariamente su Il Colophon il 9 giugno 2018.


Siamo in India, nella città immaginaria di Brahmpur, appena dopo la dichiarazione d’indipendenza indiana. Savita, nel giorno delle sue nozze, incarna la perfetta timida sposa che ci si aspetta da una ragazza di buona famiglia. Per la madre, Rupa Mehra, è un chiaro segno che anche per la figlia minore, Lata, sia tempo per un matrimonio combinato. Cercarle un buon partito diventa la missione principale di Rupa Mehra: poco importa che Lata abbia altre idee. In questo romanzo seguiamo le vicende dei Mehra, dei Kapoor, dei Khan e dei Chatterji: quattro famiglie legate grazie a matrimoni e rapporti di amicizia. Tutte e quattro queste famiglie sono abbastanza in vista da essere impegnate attivamente nella vita politica ed economica di Brahmpur (che è la protagonista indiscussa di questo romanzo).

IL SIGNOR CRAVATTA di Milena Michiko Flašar, Einaudi

Pubblicato originariamente su Il Colophon il 9 giugno 2018.


Cosa significa essere soli in Giappone?
Per Taguchi Hiro e Ohara Tetsu due cose diverse. Il primo è un giovane Hikikomori: un ragazzo che ha deciso volontariamente di isolarsi completamente dalla società. Il secondo è un signore maturo che passa le sue giornate in un parco perché incapace di confessare alla moglie di essere stato licenziato. Incontriamo Hiro durante la sua prima uscita dopo due anni rinchiuso nella sua camera da letto. “È la nostra panchina, quella su cui sto seduto. Prima di diventare la nostra, era stata la mia. Ero venuto qui per capire se la crepa nel muro, quella finissima incrinatura dietro gli scaffali, valeva dentro come fuori. Due interi anni avevo passato a fissarla. Due interi anni nella mia stanza, in casa dei miei genitori. […] A volte desideravo che il sole mi sfiorasse. […] Una fredda mattina di febbraio cedetti a quel desiderio […] andai tastoni lungo le pareti della mia stanza fino alla porta, la aprii con una spinta, mi misi il cappotto e le scarpe, più piccole di un numero, uscii per strada e fiancheggiai case e piazze. Nonostante il freddo, il sudore mi scorreva sulla fronte e provavo per questo una strana soddisfazione: Ci riesco ancora. Riesco a mettere un piede davanti all’altro. Non l’ho disimparato. Tutti gli sforzi per disimparare sono stati inutili.

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