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Tag: scrittura

CivicHackingIT – Diario di un progetto vol.2

Come si fa a scrivere un libro? Da dove si parte?

Queste non sono le domande a cui risponderò. Troppo semplice trovare le risposte. Alla prima domanda si può rispondere solo “mettendo una lettera dopo l’altra”, mentre alla seconda, beh, il punto di partenza è sempre un foglio bianco. A volte sembra che la pagina bianca causi più panico che altro, ma si parte sempre da lì – sia che si usino i bit sia che si usi l’inchiostro.

Molto più interessante, almeno secondo me, è capire quali sono gli strumenti che permettono al foglio bianco di trasformarsi in qualcosa di senso compiuto. Ti è mai capitato di leggere On writing di Stephen King? Se la risposta è no, recuperalo. Ti aspetto… Secondo me è uno dei più bei libri sul mestiere di scrivere che sia mai stato pubblicato, proprio perché permette di svelare la magia: non si tratta di magia, ma di artigianalità (oltre che di sangue e sudore). Risponde alla domanda a cui vorrei rispondere anch’io in questo mio piccolo post: come si passa dal foglio bianco alle lettere alle parole a qualcosa di senso compiuto?

Nel caso di Civic Hacking, il progetto su cui sto lavorando al momento, la cosa è piuttosto complicata. Sotto l’etichetta #CivicHackingIT ci sono (in ordine sparso): due autori, traduzioni, newsletter, revisioni, interviste/storie, tweet (pochi) e molto altro, quindi la prima cosa a cui mi aggrappo nella scrittura è…

blueprints of a building

CivicHackingIT – Diario di un progetto vol.1

La spiegazione di cosa sia CivicHackingIT la trovi nell’ultimo post (e sì, concordo con chi afferma che sia un sacco di lavoro). Non vorrei ripetermi, quindi presuppongo tu l’abbia letto. Qui vorrei raccontare un po’ di retroscena sul come nasce e si sviluppa un libro-progetto (se ti interessa, invece, qualche riflessione sul civic hacking in Italia, Matteo ha da poco pubblicato un blogpost a tal proposito, partendo dalla timeline che aveva fatto in precedenza).

Dato che siamo due autori, ognuno ha deciso di imbarcarsi in quest’impresa per motivi diversi, ma abbiamo una visione comune che poggia su due pilastri principali: il civic hacking va raccontato e le nostre voci non sono le uniche che contano.

Non è un’antologia

Abbiamo da poco cambiato il sito (curiosa e dicci cosa ne pensi). Come un buon coltello da cucina, se si decide di avere un sito – ossia un buchino microscopico che permetta di spiare sul e dal progetto – va tenuto efficiente. Il che significa affilarlo, affinarlo e imparare dall’esperienza. Hai mai preparato una cena con un coltello che è stato trascurato? Io sì, ti posso garantire che sminuzzare gli ingredienti è stato parecchio faticoso, mi sono tagliata (con i miei coltelli non era quasi mai successo) e ci ho messo più tempo del normale.

Il nostro sito era nato a fine maggio: avevamo bisogno di una piccola vetrina per presentare il progetto – o meglio, la fase del progetto che avremmo presentato a Open Data Fest. In quel momento, ci serviva per spiegare alle persone che volevamo sentire le loro voci, che cercavamo suos-chefs per aiutarci nella grande cucina della stesura del libro.

Sous-chefs, appunto.

Nelle nostre teste, il sito che avevamo messo in piedi (Matteo ha lavorato alle cose tecniche, io ai testi e alle grafiche) questo messaggio lo lanciava chiaramente: “noi siamo gli executive chef! Sappiamo che ingredienti abbiamo e

Nothing is written in stone

Cose che ho scritto in giro

Nell’ultimo anno ho scritto alcune cose che non sono state pubblicate rilanciate qui.

All’inizio, pensavo di riportarte nel mio piccolo angolo di web ogni cosa in maniera un pochino più estesa (come ho fatto per il mio pezzo per i fumetti). Il fatto è che questa operazione sta bloccando tutto il resto: dopo che ho consegnato una cosa, diventa parte del passato. Il che, per il mio cervello, significa:

Quindi sono in quella fase in cui so che lo dovrei fare, ma procrastino, quindi mi sento in colpa, quindi blocco le cose nuove da scrivere, quindi il blog non viene aggiornato, quindi mi sento in colpa…

Insomma ti sei fatto/a un’idea.

Mentre lavoro al mio nuovo piano editoriale, aggiorno Linkedin e faccio altre cose rimaste nella TO-DO, ho pensato che per me, a questo punto, è meglio raccogliere tutto in unico post, concedermi un nuovo inizio e tornare a popolare questo piccolo angolo di web e almeno un feed RSS (ciao Marco :D!).

Il Colophon

Il Colophon è una rivista letteraria di Antonio Tombolini Editore (che fa un investimento, anche economico, per mantenere la pubblicazione). Nonostante sia disponibile solo online, è un bimestrale di tutto rispetto: abbiamo un fantastico direttore editoriale, uno staff tecnico, una serie di scrittori/contributori e tante idee.

Come scrittrice, mi piace molto perché mi permette di comporre cose più articolate e serie che – forse – qui non ci starebbero altrettanto bene. Michele, il direttore editoriale (nonché colui che decide gli argomenti per ogni numero), è molto disponibile e quando gli propongo qualcosa di strampalato, di solito, mi risponde “bene, dimostramelo!”. Qualche esempio? Il vino e la scrittura condividono processo artigianale molto simile, i fumetti sono letteratura e la creazione di uno spettacolo di burlesque è un atto profondamente letterario.

Come lettrice mi piace molto perché:

  • non si concentra solo sulle ultime uscite letterarie,
  • ci sono tante voci differenti,
  • non parla solo di libri, ma anche di editoria in generale, di scrittura, di case editrici.

Per loro ho letto anche un paio di libri intorno al tema delle isole. Un’isola di Giorgio Amendola (che è il secondo volume della sua autobiografia politica) e L’atlante delle isole remote di Judith Schalansky. Questo atlante è un progetto editoriale completo (l’autrice ha dichiarato in un’intervista che ha scelto pure la carta su cui sarebbe stato stampato) ed è una delle cose più strane che ho letto nel 2016. Raccoglie illustrazioni magnifiche, storie brevi, curiosità, dati cartografici e posizioni di cinquanta isole remote, non proprio inventate, ma quasi. Non proprio disabite, ma quasi. Non proprio interessanti di per sè, ma sì, interessanti. Non credo che sia pane per i denti di tutti, ma è un’opera assolutamente intrigante e posso dire onestamente di non aver mai letto nulla di simile.

GraphoMania

A proposito di recensioni, ho scritto un paio di cose per GraphoMania (il blog della casa editrice che ha pubblicato il mio racconto).

Il cinghiale che uccise Liberty Valance di Giordano Meacci è un libro che, di mio, non avrei mai letto. Finalista allo Strega, è uno scritto cerebrale, denso, difficile (la scrittura non gli argomenti trattati), uno di quei libri che richiede la tua completa, totale e instancabile attenzione. Insomma, non ho ancora capito se mi è piaciuto o meno, è diverso dalle mie letture abituali e non lo avrei scelto, però è innegabile che sia un libro che vale la pena di leggere. Forse io non sono il lettore giusto, ecco.

Con Bacchilega è stata tutta un’altra storia. L’autore romagnolo ha partorito Più piccolo è il paese, più grandi sono i peccati: un giallo avvincente, coinvolgente e convincente. Soprattutto, convincente. Sarà che mi ha ricordato un amico lughese (ciao Franco :D); sarà che ero stanca delle atmosfere americane o pseudo-americane predilette dal gruppo di lettura che frequento; sarà che non ho capito l’assassino fino alla fine (cosa più unica che rara), metteteci tutti questi sarà, ma l’ho trovato un libro bello, onesto e ben scritto (tanto che l’ho proposto come lettura anche al gruppo di lettura che ho fatto partire in settembre).

Altro

Queste sono le cose pubbliche. Dopodichè, continuo a leggere per Klondike (il che mi sta insegnando più cose sulla scrittura di quante ne potrei riassumere su questo post); a luglio/agosto ho collaborato con un’azienda trentina per la stesura dei testi del loro sito (e, per la prima volta, ho consegnato una guida di stile alla fine); ho cominciato a popolare il profilo @spaghetti_folks su Twitter (dopo aver dato una mano ad organizzare il raduno SOD16); sono stata in vacanza (l’Ecuador e la Sicilia mi hanno insegnato moltissimo); ho fatto la volontaria in canile per un po’; sono diventata un po’ più hippie rinunciando alla macchina; ho compiuto trent’anni; ho fatto nuove amicizie; ho visto amici partire; ho imparato nuove cose; continuo a fare parte di un GAS (in cui c’è un omino del GAS che porta lo yogurt e questo farà ridere Nicola, Cristian, Chiara e Riccardo); continuo a bere più caffè di quanto dovrei; continuo a cucinare con piacere; continuo a frequentare il mio vecchio (in tutti i sensi) gruppo di lettura organizzato dalla biblioteca di Trento e ne ho fondato uno nuovo per leggere delle cose diverse (l’obbiettivo è leggere cose belle. Sei di Trento e vuoi venire? Fammelo sapere!). Insomma, la vita va avanti e, forse, anche questo blog.

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